Aggiornamenti Indiana Line: Nuove serie Tesi e Diva a catalogo

Long story short: Indiana Line ha aggiornato le sue serie “di punta” e nessuno mi ha detto nulla…

Ma andiamo con ordine…

A breve, spero, dovrei riuscire a “liberare” il Fosi Audio V3 che sto usando come finale per i diffusori Atmos dell’impianto HT. Dire “sto usando” è un eufemismo perché lo avrò acceso, forse, quattro volte ma vabbé…
Una volta liberato il piccolo integrato potrò, finalmente, pensare di rimettere in piedi il secondo impianto; questa volta solamente con sorgente analogica – leggasi: giradischi.
Per farlo, però, mi servirebbero almeno altre due cose:
– un giradischi con stadio phono integrato (il V3 ha solo ingresso linea e vorrei tenere il piano della madia su cui monterò il tutto il più “pulito”possibile
– una coppia di diffusori passivi di buona qualità ma di piccole dimensioni. Ricordo che nel “vecchio” secondo impianto, ora in funzione in casa d’altri, utilizzavo delle Indiana Line Zero con buona soddisfazione.

Sul giradischi ho di che sbizzarrirmi tra Pro-Ject e Rega di basso rango guarndando anche al mercato dell’usato; sui diffusori, purtroppo, la scelta non è molta e sull’usato i prezzo sono tutt’altro che sensati (a parere mio). Di fatto tra spendere più di € 200,00 per una coppia di Dali Zensor e quasi € 800,00 per una coppia di Menuet preferirei la seconda opzione. Andremmo, però, “leggermente” fuori budget…

Memore delle buone prestazioni offerte dalle Zero e, soprattutto, del fatto che il marchio italiano presentava a catalogo anche diffusori di dimensioni analoghe ma di caratura differenti (leggasi Tesi 24x) sono andato a dare un’occhiata al sito e… SORPRESA!

Indiana Line ha aggiornato sia la linea Tesi che la linea top di gamma Diva!

Inutile girarci troppo attorno: mi sa tanto che raccoglierò il budget necessario per portarmi a casa una coppia di Tesi 2 in livrea bianca e vivere sereno…
Le Diva sono troppo grandi per gli spazi di cui dispongo (soprattutto in termini di profondità).

Nei prossimi giorni scenderò maggiormente nei dettagli della proposta.


Schiit Aegir 2 – La curiosità non è affatto poca

Schiit ha ufficialmente annunciato/reso ordinabile il nuovo “piccolo” di casa in versione 2 e con alcuni, sostanziali, aggiornamenti rispetto al predecessore.

Qualcuno si chiederà perché ho virgolettato “piccolo”… Beh, il perché è semplice: ora esiste un altro amplificatore per diffusori che può fregiarsi della tecnologia “Continuity” ed è Gjallarhorn per cui Aegir 2 è ancora “piccolo” ma non è più il “più piccolo”.

Ora torniamo a noi: Aegir 2 – In cosa differisce da Aegir OG è, soprattutto, perché la curiosità su questo finale non è poca?
Andiamo con ordine:

I miglioramenti introdotti, in termini di specifiche dichiarate per le grandezze “standard”, non mancano affatto:
– Si passa da 20 W per canale a 30 W su 8 ohm / da 40 a 50 su 4 ohm / da 80 a 100 W in utilizzo mono. Di fatto, in mono, compete con Vidar in termini di potenza erogata (ma non di capacità di tenuta del carico – FATE ATTENZIONE A QUESTA COSA PRIMA DI ACQUISTARNE DUE)
– L’estensione in frequenza passa da 500 kHz a -3 dB a 550 kHz – Per cui il finale dovrebbe essere più stabile e lineare nella gestione di picchi/transienti/sfasamenti in banda audio
– THD e IMD passano da 0.01% a 0.005% entrambi a 20 W – Di fatto da 80 dB a -86 dB
– SNR passa da -112 dB a -122 dB a piena potenza (A-weighted)

Altre differenze riguardano il trasformatore utilizzato, torodiale (lo stesso impiegato su Ragnarok 2) invece che a pacco di lamelle, il fatto che i ponti diodi di raddrizzamento delle alimentazioni sono basati su componenti discreti e non più su circuiti integrati (4 diodi distinti anziche 4 diodi incapsulati in un unico componente), un minor consumo in stand-by e, infine, una polarizzazione in classe A leggermente più bassa (circa 5 W contro i 10 di Aegir OG). Il tutto porta ad un dispositivo più efficiente e meno esoso dal punto di vista energetico: la potenza massima consumata dichiarata passa da 450 W a 250 W. Non poco!

La differenza più intrigante, e teoricamente peggiorativa, riguarda il damping factor: da un valore, dichiarato, >100 si passa ad un valore pari a >10. Siamo ai livelli di ampli valvolari a bassa potenza e decisamente non si tratta di numeri entusiasmanti (anzi!) ma c’è un “MA” non da poco…
Aegir 2 porta la tecnologia “Halo” (solo in modalità mono) nel mondo degli amplificatori per diffusori; cosa significa? Significa che il diffusore, in realtà, non è “solo” il carico di lavoro dell’amplificatore stesso ma è parte integrante del suo circuito di feedback… Di fatto mi aspetto che la risposta in frequenza sia poco inficiata dall’andamento del modulo di impedenza del diffusore in quanto lo stesso viene visto e compensato istantameamente dal finale.
La teoria vorrebbe che, addirittura, la risposta complessiva del sistema risulti non solo più lineare in termini di ampiezza ma anche in termini di gestione degli sfasamenti ingresso/uscita e, forse, in termini di ditorsione complessiva del segnale audio…
Il problema? Uno solo: si tratta solo di supposizioni teorice non avvalorate da studi di settore e/o misure con campionamento sufficientemente ampio da poter avvalorare l’ipotesi.

Tutti quelli che lo hanno ascoltato, e paragonato ad Aegir, sostengono suoni meglio del predecessore. Nessuno è in grado, però, di definire da cosa dipenda/cosa significhi questo “meglio”.

Sono curioso di poterlo ascoltare!!!

Schiit Kara: la recensione – Finalmente!

Ebbene si: è arrivato finalmente il momento di scrivere due righe sul piccolo prodigio che è Kara.

Badate bene: non credo di esagerare nel definire questo preamplificatore un “piccolo prodigio”.
È oggettivamente il preamplificatore linea, bilanciato e multi ingresso/uscita, più piccolo che io abbia mai visto ed è caratterizzato, come se non bastasse, da prestazioni decisamente eccezionali in relazione a due fattori su tutti: è un dispositivo completamente a discreti, costa decisamente meno della concorrenza di pari livello e, lasciatemelo dire, categoria.

Se avete letto i tre approfondimenti di preludio a questo articolo sapete già cosa mi ha spinto ad acquistare il preamplificatore di Schiit Audio a sostituto del precedente Rotel RC-1570 modificato Aurion. Qualora non l’abbiate fatto vi lascio qui di seguito i link:

Schiit Kara – Un approfondimento prima della recensione Pt. 1
Schiit Kara – Un approfondimento prima della recensione Pt. 2
Schiit Kara – Un approfondimento prima della recensione Pt. 3

Terminate le premesse passerei alla recensione vera e propria.

Primo contatto:

Come per Vidar 2 la prima cosa che salta all’occhio, praticamente ancora prima di aprire l’imballo, è che Kara è piccolo rispetto ai suoi concorrenti “standard”.
Più stretto, più corto e più basso del Rotel RC-1570 ha ingombri e proporzioni analoghe ad un lettore multiformato “da salotto”, tipo il Sony UBP-X800M2 (che è comunque leggermente più grande) per fare un esempio abbastanza noto, più che ad un preamplificatore linea “moderno”.

Di nuovo come per Vidar 2 la seconda cosa che si nota è la massa del prodotto unita alla solidità costruttiva che si avverte nell’estrarlo dalla scatola. L’impressione è paragonabile a quella che si ha quando si prende in mano un smartphone di alta gamma, in vetro e metallo, dopo aver maneggiato dispositivi con scocca in plastica: sembra di avere tra le mani un monoblocco; nessuna flessione e nessuna parte “cedevole” sotto le dita.
Kara pesa 5 kg, che non sono tantissimi in termini assoluti, ma sono decisamente tanti se si pensa che il Rotel, decisamente più grande, pesa “solamente” 2 kg in più.

A livello di design estetico si ha a che fare con un dispositivo pulitissmo e decisamente minimale.
Il frontale presenta, oltre al logo del marchio e al nome del prodotto sull’estremo SX, solamente elementi tondi disposti in modo asimmetrico ma armonico.
Nell’ordine da SX a DX troviamo:

  • Sensore IR
  • Uscita cuffia in formato TRS da 1/4 di pollice
  • Selettore degli ingressi – In ordine numerico 1÷5
  • LED identificativi dell’ingresso attivo
  • Manopola del volume
  • Selettore della modalità operativa
  • LED identificativi della modalità attiva
  • Pulsante di “muto” / override uscita cuffie
  • LED che segnala l’abilitazione dell’uscita cuffie
  • LET che segnala l’inibizione delle uscite preamplificate

Il retro è altrettanto lineare, da SX a DX abbiamo:

  • Ingressi – In ordine numerico 1÷5
    1÷2 sono ingressi XLR
    3÷5 sono ingressi RCA
  • Uscite
    1 uscita XLR
    2 uscite RCA
  • Interruttore di accensione a leva
  • Vaschetta per il cavo di alimentazione – Standard IEC C14

Una mezione particolare devo farla al telecomando, praticamente mai utilizzato, che ha una caratteristica che lo rende unico: è magnetico e si attacca alla scocca del preamplificatore così da essere sempre al suo posto una volta terminato l’uso.
Si tratta di un parallelepipedo di alluminio, semplicissimo, che riproduce i comandi fisici presenti sull’unità principale e permette anche una regolazione abbastanza fine del volume.

Di seguito due immagini di confronto con il Rotel:

Primo ascolto – Con Rotel RB-1582:

Prima di collegarlo all’impianto ho alimentato lo Schiit Kara per una mezz’oretta abbondante mentre ascoltavo l’accoppiata Rotel, avendolo ancora con me all’epoca ho rimesso nell’impianto il finale giapponese, in funzione così da avere in mente un termine di paragone a breve termine e verificare che non ci fossero problemi all’accensione.

All’accensione Kara esegue una rotine di self-check e verifica/aggiustamento dei valori di tensione continua in ingresso/uscita. Tale routine dura una quarantina di secondi, si è lunghetta e la prima volta temevo ci fosse qualche anomalia; durante le operazioni il LED che segnala la disabilitazione delle uscite lampeggia.

Passata mezz’oretta ho provveduto a fare spazio a Kara e inserirlo nell’impianto. Unica sorgente utilizzata per questa prima prova di ascolto: Denon DCD-A100.

La prima cosa che ho ascoltato? Il silenzio.

Non fraintendetemi: l’impianto suonava esattamente come prima a livello di messaggio musicale ma, a differenza del Rotel, con il preamplificatore Schiit i “contorni” degli strumenti erano più marcati. Il famoso nero infrastrumentale era più facilmente avvertibile sottoforma di aree di silenzio tra uno strumento e l’altro.
Per la prima volta, nel mio impianto e a parità di finale, sono stato in grado di sentire questa cosa. Mi era già capitato in passato, Fosi Audio V3 vi dice nulla?, ma mai con il Rotel RB-1582 a pilotare i diffusori. Ho sempre pensato che fosse un limite del finale e non del preamplificatore… Del resto avevo già avuto modo di sentire qualcosa di analogo collegando Vidar 2 al posto del giapponese.

Di nuovo: inserendo nella catena di preamplificazione/amplificazione un prodotto Schiit ho avuto la sensazione del parabrezza pulito di cui ho parlato nella recensione del finale.

Altre differenze con il Rotel RC-1570? Quasi nessuna oltre ad un leggero aumento di profondità della scena.
Signori il mio Rotel era, ed è tutt’ora nell’impianto di un altro appassionato, un preamplificatore che poco aveva dell’originale. Kara ha, però, portato pulizia all’immagine sonora e aumentato leggermente la qualità di riproduzione degli estremi di gamma bassa e alta. La gamma media ha acquisito solo un pizzico di naturalezza in più ma qui, lo ammetto, potrebbe essere solo soggezione.

Davvero: il vero salto in avanti è stata la pulizia della scena e la maggior definizione strumentale.

Schiit Kara + Schiit Vidar 2: la combo (quasi) perfetta

Sarò schietto: al momento di sostituire il finale RB-1582 con Vidar 2 non mi aspettavo grossi stravolgimenti dovuti alla sostituzione del preamplificatore. Anche qui, il finale è stato alimentato scollegato dall’impianto per portarlo a regime così da fare uno scambio “a caldo” e poter sfruttare la memoria a breve termine.

Le differenze, utilizzando Kara al posto del Rotel RC-1570 per pilotare il finale giapponese, seppure presenti, erano comunque minime per cui mi aspettavo di ritrovare sensazioni analoghe a quelle avute inserendo Vidar 2 nell’impianto a valle del preamplificatore del Sol Levante…

Mi sbagliavo.

Mi sbagliavo di molto!

La sinergia tra i due Schiit è stata, ed è tutt’ora, un fulmine a ciel sereno.

Tutto ha preso forma e fuoco in modo ancora più evidente e inaspettato.
Il palco virtuale si è allargato, e allungato, ben oltre i diffuori e ben oltre quanto ottenuto con il 1570.

Prendete quanto scritto sopra in riferimento a Kara e RB-1582, quanto scritto nella recensione di Vidar 2 in abbinamento a RC-1570 e unite tutte le migliorie introdotte dai due componenti.
Ecco: questo è il mio attuale sistema di amplificazione. Non serve riscrivere tutto quanto.

In conclusione:

Avete 250 € da investire nell’amplificazione per il vostro impianto? Fosi Audio V3 con alimentatore da 48 V. Senza dubbio alcuno.

Avete intenzione di sostituire il vostro attuale preamplificatore analogico? Considerate Kara.
Fatelo indipendentemente dal budget a disposizione e senza preconcetti.

Avete almeno 2k € da investire nell’amplificazione per il vostro impianto, diffusori non molto efficienti e un ambiente di ascolto abbastanza grande da necessitare dei 100 W su 8 ohm di Vidar (e vi può andare bene un finale in classe AB)?

Non cercate oltre. Fermatevi qui, collegate e ascoltate: Musica!

Avete qualcosa in più da investire o siete disposti a scendere a compromessi in termini di potenza/pressione sonora?
A breve potrei dare risposte anche a voi…

Postilla:

Utilizzo Kara esclusivamente in modalità attiva senza guadagno e quindi quanto sopra vale, di fatto, per questa configurazione. Il passaggio alla modalità High Gain non porta a differenze sonore e la reputo necessaria solo per sopperire ad effettive necessità di maggior guadagno nell’impianto.

La modalità passiva, nonostante sia teoricamente la più trasparente dal punto di vista sonico, risente in modo sensibile della capacità di pilotaggio della sorgente utilizzata: con il Rotel RH-Q10, nato e sviluppato proprio per lavorare con un pre passivo a valle, non ci sono problemi e si riesce a ascoltare a qualsiasi volume senza perdite di alcun tipo; con il Denon DCD-A100, invece, a bassi volumi si perdono molte delle informazioni presenti ma solo perché le uscite del lettore non sono dimensionate per reggere carichi eccessivamente bassi e, quindi, tendono a sedersi e ad appiattire un po’ la scena.
Il livello di rumore e distorsione in modalità attiva, anche a tutto volume, è talmente basso che comunque non si corre il rischio di degradare il segnale e perdere informazioni anche in modalità High Gain.

Detto ciò, però, devo ammettere che Kara ha anche un difetto. Difetto che non incide minimamente sulla qualità di riproduzione.

Non è “curato” nei dettagli ergonomici e la cosa è inizialmente spiazzante… Cosa intendo?

La selezione degli ingressi, così come delle modalità operative, è solamente ciclica. passare da ingresso 5 a ingresso 4, ad esempio, richiede di passare in rassegna, comunque, tutti gli altri ingressi.
Idem la selezione delle modalità operative.